Legature

Legatura in occasione del battesimo

Quando si porta un neonato a battesimo, tra le fasce di esso si nasconde un ferro calamitato di cavallo. Chi ne ha l’interesse, stando in disparte, attende che il sacerdote battezzatore pronunzii il nome del neonato (si tratta di maschio, s’intende): ed allora pronunzia il nome della persona alla quale vuol fare la legatura. Così il ferro calamitato è battezzato.

Questo ferro però "deve mangiare" e per mangiare lo si mette in mezzo alla limatura di ferro, e si avvolge portandolo addosso. Ogni qualvolta si vuol avere o vedere la persona amata, la si chiama, ed essa comparisce. (Palermo).


Sacchetto magico

Qui va notato un sacchetto dalla forma esteriore simile a quello "di li cosi santi," nel capitolo degli Ex voto; ma ben diverso nel contenuto. In questo sacchetto è chiuso un nastro giallo, composto a foggia di cavalluccio marino, uno spago con molti nodi, per legare a chi porta il sacchetto le persone alle quali essa vuol bene; varî fili di seta a colori diversi, ai quali di tratto in tratto sono raccomandati dei polizzini di carta con nomi di persone care; e insieme con questi oggetti la seguente formula scongiuratoria:

Marcu, San Marcu,

Sangu di Cristu,

Hâ’ ’ttaccari a tutti comu un Cristu

Quannu iju a l’agunia;

Tri fila di capiddi di la Vergini Maria

Attacca a tutti

Cu’ havi a fari mali a mia.

Vampa d’amuri e ciamma d’amuri

 mè patruna e ô mè patruni,

A mia e a tutta quanta la cumpagnia.

Stilla di la vera luci:

Va nn’ ’â mè patruna e nu’ ’u mè patruni

E cci jetti tri buci:

Cu’ sa chi cci abbinni

Ca ancora nun vinni?

Rusidda ti cumanna

E tu mi l’hâ’ fari:

’U mè patruni e a’ mè patruna

Pi l’oricchia l’hâ’ pigghiari,

A li me’ peri mi l’hâ purtari.

Scongiuri Cilentano

La lunga serie di "scongiuri"sono retaggio della superstizione, ma anche dell'ultima traccia del mondo pagano-medioevale. Le forze della Natura sono viste come maligne o benigne, a seconda se arrecano malanni o portano bene. Queste ultime, che di solito si identificano coi Santi protettori, sono invocate; le altre invece vengono allontanate per mezzo di oggetti comuni (forbici, falce, olio, ecc.) sui quali si scarica la loro forza maligna. L'oggetto, di solito un arnese legato alla coltivazione, viene scagliato lontano o bruciato o sotterrato; tre momenti questi che racchiudono le simbologie classiche della Natura: la forza vitale che viene dalla terra e che può arrecare danno, ad essa deve tornare mediante l'allontanamento dallo spazio abitato (la casa) o la distruzione (fuoco, sotterramento).

Ecco lo scongiuro contro il malocchio (9) che serve ad individuare la presenza di una "fattura". La pratica è diffusissima ancora oggi: si appresta un piatto con dell'acqua e in esso si fanno cadere alcune gocce di olio prese col dito da una candela accesa. Mentre il maluocchiàto (= colui che ha subito la fattura) tiene una mano sul piatto, si pronunziano queste parole, scaraventando lontano le furfucèdde ( = forbici). <b>Se le gocce d'olio si allargano, vuol dire che il malocchio c'è; allora si procede ad altre formule più segrete</b>, (anche per noi) perché si crede che rivelandole vada perduto tutto il loro potere:

Uocchio, maluocchio,
furfucèdda all'uocchio:
schiatta la mmiria
e crepa lu maluocchio.
Uocchio, maluocchio,
chi tène mmiria pozza schiattaràre.
L'accètta ogni male annètta;
'a ronca ogni male stronca.
Santu Rumìnico àuto e forte
tre cose peggio cummannàva:
lu freddo, la frève
e la roglia re capo.
Re capo 'i pigliava
e nterra 'i ghittàva.
(si ripetono i primi sei versi e poi si conclude):
Dio ci liberi da ogni povero cristiano!

Ecco una variazione della precedente con la quale si invoca la fonte della Vita ed il momento della nascita di Cristo per togliere il malocchio dal figlio (10):

A Bettellèmme è nato nu figlio,
senza rulùri l'ha fatto la mamma:
bella la mamma, bello lu figlio,
lèvami l'Uocchio ra coppa a stu figlio!

Gli scongiuri contro i malanni fisici giungevano ad essere specifici per ogni male; ecco quello contro un comune mal di pancia nel quale vengono invocate tutte le forze naturali e i legami più sacri, come quello del matrimonio (11):

Giesù passào, repòsa cerco;
buono marito, strèma muglièra;
acqua bagnata, Sacramento nturriàto
fa passà la panza a…
ca Giesù l'ha ccumpagnàta!

Ed ecco ora lo scongiuro contro la mmiria (= invidia) considerata la causa prima di ogni malanno (12):

Fui, mmiria, uocchio sicco,
và vattìnne mbieri n'arbero sicco;
porto na sguarrèra e t'assìcco;
porto fàuci, accette e ronchi
pi taglià novi mali ntrùnchi.
Santo Francisco, monaco re Cristo,
salvati l'uocchio a chisto
cume salvasti li cinco piàe ri Gèsu Cristo.
Gièsu Cristo vivo, Gièsu Cristo morto,
Gièsu cristo resuscitato.

Le tempeste erano la disgrazia più grave per un contadino: la Tradizione Orale tramanda molti racconti nei quali l'intero raccolto andava perduto (13). Allora la paura di una punizione che veniva dal Cielo, era lenìta con invocazioni ai Santi e alle Forze Naturali. Nello scongiuro contro la rattrumènta (= grande tempesta) viene invocato San giovannnnni, l'autore dell'Apocalisse, e il sangue di San Gennaro (14):

San Giovanni mio nù dòrme,
nitri nuvole so asciute:
una r'acqua, n'auta re viento,
n'auta porta na rattrumènta.
Acqua, Viento e Rattrumènta
và vattìnne into a nu vosco scuro,
addùvi nù canta 'allo
e nù praticano fatiatùri.
Innàro mio ri Napuli,
sì ri Napuli uardiàno,
cu lu sangu ri la tua testa
Dio nci liberi ra ogni timpèsta!.

Infine ecco un brano che rappresenta un momento caratteristico della cultura contadina. Durante i temporali il "pater familias " recitava questo scongiuro per allontanare la caduta dei fulmini; la Madonna e santa Barbara, padrona dei fulmini, diventano qui divinità personificate e umanizzate. La caratteristica forma di religiosità della prima parte, cede il posto, negli ultimi versi, allo scongiuro vero e proprio affinché le Forze della Natura scarichino la loro violenza in zone disabitate (15):

Santa Barbara jia pe mare,
nun se mbunnìa, nun se bagnava.
Le scuntào Santa Maria:
"ddu vaje, Barbara mia?".
"Vào accugliènno li tròna e li lampa,
ca Dio nce libara a tutti quanti!
Ca nun sia mai, avessero carère,
a ddu nù loce luna,
a ddu nù nce so piccole criatùre!".
Tròna e lampa fatti arràssa,
ciento miglia e ciento passi!.

9) Ascoltato a Cannicchio dalla voce della Sig.ra Olimpia Rascio; trad.:

"Occhio e malocchio / forbici all'occhio / crepi l'invidia / crepi il malocchio / Occhio malocchio / chi ha invidia possa crepare / La scure ogni male taglia / la roncola ogni male recide / San Domenico alto e forte / tre cose peggiori dominava / il freddo, la febbre / e i forti mal di capo / Li afferrava dalla testa / e li restituiva alla terra".

10) Ascoltato a laureto dalla voce della Sig.ra Rosa Villano; trad.:

" A Betthelemme è nato un bambino / senza dolori l'ha partorito la madre / bella è la mamma, bello è il figlio / togli il malocchio da questo mio figlio".

11) Ascoltato a laureto dalla voce della Sig.ra Maria Bianconelli Felicia; trad.:

"Gesù passò, riposo cercò / un buon marito, una cattiva moglie / acqua bagnata, Sacramento esposto / fà passare il mal di pancia… / che Gesù l'ha accompagnata".

12) Ascoltato a Roccagloriosa dalla voce della Sig.ra Carmela Coraggio; trad.:

"Và via invidia, occhio malefico / vattene ai piedi di un albero secco / porto una grossa falce e ti uccido / porto falci, scuri e roncole / per recidere nove mali decisamente / San Francesco, monaco di Cristo / salvate la buona salute a costui / come riceveste le cinque piaghe di Cristo / Gesù Cristo vivo, morto e resuscitato".

13)Vedi Viaggio nel Cilento, op. cit., alla voce "Orria".

14) Ascoltato a Roccagloriosa dalla voce della Sig.ra Carmela Coraggio; trad.:

" San Giovanni mio non dormire /
nere nuvole sono uscite / una che porta la pioggia, un'altra vento / e un'altra una tempesta / Acqua, Vento e Tempesta / vattene in un bosco buio / dove non canta il gallo / e non vi praticano lavoratori / Gennaro mio di Napoli / sei di Napoli il guardiano / con il sangue della tua testa / Dio ci liberi da ogni tempesta".

15) Ascoltata ad Acciaroli dalla voce della Sig.ra Amina Fedulla; trad.:

" Santa Barbara andava per mare / non si bagnava, non si bagnava / La incontrò Santa Maria : / " Dove vai Barbara mia?" / Vado raccogliendo tuona e fulmini / che Dio ci liberi tutti quanti! / Che se dovessero cadere, non sia mai / (cadano) dove non canta il gallo / dove non risplende la luna / dove non vi abitano bambini / Tuoni e fulmini allontanatevi / cento miglia e cento passi".



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contro le scottature

Tutti li cani di la canarìa

Arderu ’u focu duminicarìa;

Lu Signuri passau,

Lu focu astutau.

Diu ti salvi, o Maria, vergini e pura!

La carni cotta hâ ddivintari crura!

Versione: Tutti i cani della canarìa – accesero domenica il fuoco. – Passò il Signore, – spense il fuoco. – Dio ti salvi, o Maria, vergine e pura! – Possa la carne cotta diventare cruda!

Si recita tre volte il giorno e per tre giorni di seguito, sputando ogni volta sulla parte scottata. (Acicastello)


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contro i mali d’occhi

Lucia, Lucia
Spiaggia spiaggia di mari jìa;
La scuntrau Gesù e Maria,
Cci dissi: – Dunni va’, Lucia?

– E dunni hê jiri, Maria?


Sugnu spersa e nun sacciu la via.

Havi tri jorna e tri notti,
Ch’haju duluri ’nta l’occhi,
Chi nun pozzu cuitari.

– Pirchì ’un vinivi unni mia?

– E cu’ lu sapia, Maria?

– Ti nni vai ’nta lu mè ortu,
Cogghi birbena e finocchi,
Cci passi ogni tri uri,
Chi ti passa lu duluri
Senza pinni e senza lizzu,
Tagghi purpu e pannarizzu.

E poi si fa il segno della croce sulla palpebra. (Mazzara).



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contro la febbre del pelo (pilu di minna).

a) San Giusippuzzu do ’n balcuni stava:

Passanu tri zitidduzzi ca jèvunu all’acqua.

– Ch’aviti ca riditi e strarriditi?

– Jabbu di la me varba vi faciti?

Un pilu d’ ’a mè schirma,

Si ni va d’’a vostra minna?

Non putiri ripusari,

Mancu ’i figghi saziari!

– Matri! non ridemu e mancu strarridemu,

Jabbu di la vostra varba non facemu,

– Annunca, putiri ripusari

E ’i figghi saziari.

Quindi, con un pettine, si finge di pettinare la mammella. <i>(Castiglione)</i>.




b) Si pronunziano sommessamente le parole che seguono:

Lu vecchiu Citranu pi lu munnu jia;

Tri parma era longu, e tri parma di varva avia,

Passanu du’ cummari,

Chi jianu a lavari,

Si nni rideru e si nni dirrideru,

E gabbu si nni faceru.

Iddru cci dici: – Vi nni riditi, e vi nni dirridi!

E gabbu vi faciti?

(Pi) un pilu di la varva mia,

Puzziri mòriri vui e la criatura!

– Niatri ’un ni nni ridemu,

E mancu ni nni dirridemu,

E mancu gabbu ni nni facemu.

– Giacchì ’un vi nni riditi,

E ’un vi nni dirriditi,

E mancu gabbu vi nni faciti,

Un pilu di la varva mia

Pozza cunfurtari vui e la criatura. (Mazzara).

Il potere salutare qui è attribuito ad un vecchio, che è straordinario e basso di statura, una specie di nano barbuto; e si sa, che i nani sono uomini, che nell’infanzia furono cangiati da fate. Chi sia questo vecchio "Citranu" non so, nè credo che possa essere un’alterazione della parola "Gitano", quantunque gli zingari si prendano per i stregoni.


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contro la palpitazione di cuore

Fermati cori, — ca Diu ti voli!

Fermati arma, — ca Gesù Cristu ti cumanna!

E’ firmata st’arma cu stu cori.

Cincu angili su’ partuti pi sanari stu malatu.

Santa Marta, Santa Maddalena e San Damianu,

Ca è medicu supranu

Prima ci passa la sò e po’ la mà manu.

Si recita tre volte e per tre giorni di seguito, girando la mano attorno al cuore. (Acicastello).


contro la colica intestinale

Lu Signuruzzu di l’Innii vinia;

Ha passatu di nni l’omu bonu

Ha truvatu la donna ria,

Reschi di pisci cci desi a mangiari,

E vinu-feli cci desi a bivìri;

Cci cunzò un lettu di pagghia di ’mmogghiu,

E fuj, dogghia, ca non ti vogghiu!

Versione: Il Signoruzzo veniva dalle Indie; – passò dalla casa dell’uomo dabbene: – dove trovò una triste donna. – Costei gli diede da mangiare lische di pesci; gli diè da bere vino (amaro come) fiele; gli preparò un letto di paglia da involto (cattiva, a nodi ecc.) – (Ed ora) fuggi, doglia, che io non ti voglio (più vedere qui)!

L’orazione si recita tre volte applicando il dito sull’ombelico del paziente e girandolo.

La medesima orazione si usa pel medesimo male delle bestie, ed il dito si applica per qualunque parte nel loro corpo. (Acicastello).


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contro il meteorismo, ossia matruni

Nella tradizione popolare la voce matruni è molto indefinita, e rappresenta una sofferenza di stomaco ambasciosa, non facile a comprendersi. In fondo in fondo è uno sviluppo di gas nel ventricolo in soggetti e in accessi isterici, che però qualche volta si giudica conseguenza di un verme molestissimo detto mascuni, costituente la verminazione.

Il nome di matruni, che è pure matrazza, viene da matri, utero.

La persona sofferente, che per lo più è una donna, si pone supina; la donna che deve pricontare (scongiurare) il male posa verticalmente il mignolo sull’ombelico della paziente e girandolo viene recitando:

Passai a ’na casa di bona donna,

Mi detti còzzula senza cirnuta,

Gaddina senza spinnata,

Pisci cu la resca,

Acqua ’n terra e tinu a moddu

Fuj, dogghia, chi non ti vocchiu!

Questa priconta fu lasciata detta dal Signore.

Se il matruni è doglia, il dito si scuote e duole; in caso diverso, nè si scuote, nè duole. (Casalvecchio).



http://librarsi.comune.palermo.it/pitre/file/011/130/130MENU/131_158/144b.html#matruni

contro il mal di milza

Contro il tumore di milza per febbri miasmatiche ostinate:

a) Per tre mattine di seguito, in sul far dell’alba, si pricanta in questa maniera:

Un uomo sano o una donna sana che voglia guarire un altro, si volge verso l’oriente, e con un’accetta in mano sulla parte ammalata viene segnando tante croci quanti sono i seguenti versi; tenendo presente che all’ultimo verso debba lasciarsi cader di mano l’accetta. Il pricantu è questo:

Ti salutu, bon’alba e bonu Ddiu

Tagghiatimi la mèusa supra lu corpu miu:

Lassatiminni un pizzuddu

Quantu mangiu e bivu.

Versione: Ti saluto buona alba e buon Dio. – Tagliate sul mio corpo la milza, – lasciatemene [però] un pezzettino, – tanto che io possa mangiare e bere che io possa continuare a vivere].

Per ciascuna delle tre mattine lo scongiuro si ripete tre volte. (Casalvecchio).

 

b) Squagghia, squagghia, mèusa mia,

Comu nesci lu suli d’Elia,

Sarbiminni quantu serbi a mia.

Versione: Squaglia, squaglia, milza mia, – come esce il sole d’Elia, – serbane per me quanto ne ho di bisogno io.

Mentre si recita questo scongiuro si fa strofinando sul fianco sinistro una miscela di olio di mattone, olio di cotone, succo di articolazioni di fichi d’India e farina di segala. (Acireale).

 

c) Si ha una variante dello scongiuro, ed è la seguente, nella quale la milza si vuol portarla via intera:

Sona Santu, o campana pia.

Tagghia la mèusa sinu a la cima.

E tantu la pozza tagghiari,

Chi nun putissi nè crisciri nè ammancari (Mazzara).

Versione: Suona Santo, o campana pia, – taglia la milza [mia] fino all’alto, – e tanto tu possa tagliarla – che essa non cresca ne diminuisca più!

Si mette in un piattello dell’olio e del sale, vi si bagnano le dita della mano diritta e si poggia questa sul fianco ov’è il gonfiore, mettendovi sopra l’altra mano. In questa posizione si fanno quattro strofinazioni rette, una ad ogni verso, ed in modo da formare due croci, recitando la preghiera:

Quannu sona la prima campana

Avissi a passari sta mèusa ’n chinu;

Ni resta quantu ’na pinna di gaddina

Pri fari culazioni la matina.

Tutta l’operazione bisogna replicarla tre volte e per tre giorni di seguito. Se fatta di mercoledì o di sabato basta un solo giorno.

Nel frattempo all’ammalato che sta supino si fa recitare un’ave e un pater alla Madonna, e poi gli si raccomanda di fare per 8 giorni strofinazioni di olio e sale, di non mangiare pane asciutto, e di tenersi a cibi leggieri.

Perché la preghiera riesca deve essere appresa la notte di Natale. (Acitrezza).


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contro i vermi

a) Vermi di la virmaria,
Vermi chi si mancia a tia!

Vermi virdi, vermi farcuni,
Va’ circannu ficatu e prumuni.

Pi lu mè cumannamentu
Vattinni a lu funnamentu.

S. Cosimu e Damianu,
Siti medicu e siti suvranu:

Fùstivu medicu di nostru Signuri:
Allibirati stu criaturi. (Mazzara).

Versione: Verme del vermicaio – verme che possa mangiare te! – Verme verde, verme rapino (o anche: ladro) – vai in cerca di fegato e di polmone: – per comando mio – vattene al c... (va fuori!).

 

b) Contro i mascuni.

Si fa un segno di croce, e mentre col pollice della mano destra si fanno segni di croce sullo stomaco dell’ammalato si dicono le seguenti parole, apprese la notte di Natale in modo segretissimo:

Virdi mascuni pi lu mari jia:
Di virdi quasava e di virdi vistia.

Passa Gesù e la Vergini Maria:

– Chi fai, virdi mascuni?

– Vaju ’nta sta casa a maschiari.

– No, virdi mascuni: patri e matri

Nun fari chianciri.

"La firmicula è senza sangu,
Lu pisci è senza prumuni:
Vattinni a mari, virdi mascuni" (Mazzara).

Versione: Il verde mascone andava pel mare: – calzava verde e vestiva verde. – Passa Gesù e la Vergine Maria (e dice, o dicono): Che fai verde moscone? – Vado in questa casa a mascheggiare [a portare il male del mascone]. – No, verde mascone: non far piangere padre e madre [di questo povero ammalato]. – [Scongiuro:] La formica è senza sangue, – il pesce è senza polmoni: – vattene a mare, verde mascone!"

 

c) Si pone in un piatto del sale e dell’olio, e presone un po’ col pollice e con l’indice si applica sull’ombelico dell’ammalato: e tenendosi appuntato l’indice e girando a destra ed a sinistra, si viene recitando:

Pi lu nnomu di Maria
Lu vermu caschiria!

Pi li nnomu di Gesù,
Lu vermu non torna cchiù.

Si fa seguire un’avemaria o un paternostro, e tutto si replica per altre due volte.
Ove occorra, la pratica si ripete anche la sera e la mattina seguente. (Acicastello).

 

d) Se ad un bambino, prima del battesimo, si mette in mano un bruco di campo, e lo si lega con una fascetta, lasciandolo fino a che non sia morto, o che il bambino non venga portato al fonte battesimale, solo che la mamma abbia cura di ripetere lo scongiuro:

’Sennu paganu, tinni vermu a manu,
Ora lu ’mmazzu, cà sugnu cristianu;
Essendo (mentr’ero) pagano, io tenni il verme in mano, – ora che son cristiano (battezzato) lo uccido.

esso, il neonato, non solo sarà per tutta la vita libero dai vermi, ma anche avrà la facoltà di liberarne gli altri. Occorrerà però che egli faccia alla occasione una croce sul ventre e ripeta la nota orazione:

Lu Luni a ssantu cchiù,
Lu Marti a ssantu cchiù,
Lu Mercuri a ssantu cchiù,
Lu Jovi a ssantu cchiù,
Lu Venniri a ssantu cchiù,
Lu Sabatu a ssantu cchiù,
Lu jornu di Pasca
Lu vermi ti casca. Acicatena.

 

e) Mi ’ncontra Gesù cu la Vergini Maria:

– Chi hai, Rusulia,

Ca chiami pri la via?

– Mi scattiò ’a virmicciaria.

– Pirchì n’ê pricantavi?

– Matri mia, non appi a cui:

Supra a mia ci pinsati vui.

– "Lunidi santu è; e Martidì santu è, Merculidì santu è, Giovidì santu è, Venniri santu è, e Sabatu santu è, Duminica c’ ’à matina di Pasqua, ’U vermu mori e ’n terra casca.

Santu Pantu, - medicu spantu,
San Sirvestru, - medicu destru,
Scìppici ’i vermi a sta criatura:
’I pigghi cu ’a mani destra
E ’i ietti cu ’a mani riversa.

Versione: M’incontra Gesù con la Vergine Maria, (e mi dice): Che hai Rosalia – che chiami per la via? – Mi colpì [mi ha colpito: mi scatti˜] un vermicaio. – Perchè non li scongiurasti tu [i vermi]? – Madre mia, – non ebbi chi me [li scongiurasse: perch] – a me ci pensate voi [di me non prende cura altri che voi] – [Scongiuro] "Lunedì santo è ecc. Domenica ecc. il verme muore, e cade per terra. – S. Panto (?), – medico che si prende di paura: – S. Silvestro – medico destro, – strappa i vermi a questa creatura, – prendili con la mano destra – e li getti via con la sinistra".

E si fa un segno di croce col pollice della destra sull’ombelico del paziente. (Castiglione).


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